Piccolo manuale del valutatore di start up
Sebastiano Di Diego
CEO & Founder Network Advisory
In 50 parole
E’ inutile dirlo alcune imprese sono più facili da valutare di altre. E sicuramente le start up sono quelle più difficili da valutare.
Quando abbandoniamo la comfort zone di imprese con solidi profitti e con un futuro prevedibile tutto diventa più difficile: perché siamo entrati nel lato oscuro della valutazione.
Perché interessa l’imprenditore Smart
Lo startupper è smart per definzione, e quindi non ci sono scusanti se non riesce a dare un valore all’impresa che ha fondato.
Infatti, dalla capacità di dare un valore alla propria start up e di negoziarlo con gli investitori dipenderà la percentuale di capitale che sarà costretto a dare via nei diversi round di finanziamento.
Di solito gli startupper sanno tutto di questo argomento. Per quelli un po’ più riluttanti ho preparato questo breve ripasso.
Come si valuta una Start Up
Il fatto che le start up hanno una storia limitata, dipendono dalla crescita futura e sono particolarmente esposte al fallimento, rende molto complicata la loro valutazione con i metodi tradizionali.
Applicare ad esempio il metodo DCF richiede la preventiva determinazione dei seguenti elementi:
- cash flow derivanti dagli asset esistenti;
- crescita prevista derivante dai nuovi investimenti;
- tasso di attualizzazione, che dipende dalla rischiosità del business;
- momento in cui la società la società diventerà (permettendoci di stimare il terminal value).
E ciascuno di questi elementi nelle start up è veramente di difficile quantificazione, mancando dati storici attendibili e significativi.
Per ridurre la possibilità di errore, l’approccio da seguire nella valutazione di una start up con il metodo DFC dovrebbe essere in seguente:
Fase 1: Partire dai ricavi
La valutazione di una start parte necessariamente con la stima dei ricavi e della crescita futura.
Non esiste un unico approccio per effettuare questa stima; di solito, tuttavia, si inizia dalla determinazione delle dimensioni del mercato complessivo nel quale l’impresa opera, per poi giungere determinazione della quota di mercato “conquistabile” .
Nel fare queste valutazioni, bisogna ragionare approfonditamente sulla qualità del management, sulla conoscenza del prodotto e del servizio offerti da parte della società e sul confronto con la concorrenza attuale e potenziale.
Fase 2: Stima margini operativi nel tempo
Non bastano i ricavi in crescita, una start up è valutabile soltanto se è in grado di generare risultati economici positivi in futuro.
Per stimare l’evoluzione del risultato operativo nel tempo, occorre separare il processo di valutazione in due parti.
In primo luogo, occorre stimare, guardando alle società più grandi ed affermate del settore, il margine operativo target che la società sarà in grado di generare, una volta superati il suoi problemi di crescita.
In secondo luogo bisogna valutare attentamente le azioni che occorrerà porre in essere per raggiungere il margine target, tenendo conto, nei limiti del possibile, dei costi fissi e della natura della competizione nel settore.
Fase 3: Valutare il reinvestimento per sostenere la crescita
Purtroppo né la crescita dei ricavi né il miglioramento dei margini sono risultati che si ottengono gratis.
Per migliorare le performances aziendali una start up è chiamata ad ingenti investimenti per generare la crescita prevista.
Tali investimenti vanno attentamente determinati e valutati nei loro impatti sul cash flow.
Uno dei pericoli di stimare separatamente ricavi, margini e reinvestimenti, è che si può cadere nell’errore di fare irrealistiche assunzioni, sottostimando il capitale necessario per supportare la crescita.
Fase 4: Stimare il costo dell’equity e del capitale nel tempo
Piuttosto che cercare di stimare il costo del capitale partendo dai dati storici della start up, consigliamo di usare medie di settore per i parametri di rischio (beta, costo del debito e rapporto debito/equity), avendo cura di prendere in considerazione:
- le imprese più rischiose e più piccole del settore per la fase iniziale di crescita elevata;
- le imprese mature per la successiva fase di stabilità.
Una start up, infatti, non può e non deve essere valutata con un costo del capitale che rimane invariato nel tempo.
L’elevata crescita dei ricavi operativi e le perdite dei primi anni si trasformeranno in una crescita del fatturato limitata ma con utili operativi negli anni successivi; ciò significa che si assisterà anche ad mutamento dovrà corrispondere un diverso costo del capitale di rischio e di debito.
Fase 5: Stima valore del terminal value
L’applicazione del DCF richiede di determinare il terminal value, che a sua volta presuppone l’individuazione del periodo un cui l’impresa diventerà matura.
Nel fare questa analisi ,occorre considerare che soltanto poche aziende sono in grado di sostenere una crescita elevata per lunghi periodi.
E stato il caso, ad esempio , di Microsoft (MSFT), Wal-Mart (WMT), Coca-Cola (KO) che sono riuscite a mantenere una crescita elevata per decenni.
Il fatto, però, che possiamo elencare queste società significa che si tratta di straordinarie eccezioni e non della regola.
Anche se non si può escludere che la start up che si sta analizzando sarà la prossima Microsoft, per non esporsi a brutte figure è utile non prevedere nella valutazione periodi di crescita superiori a 10 anni.
Al termine del periodo di crescita, inoltre, l’azienda dovrà avere le caratteristiche di una azienda matura: il costo del capitale di una società matura, un tasso di crescita inferiore a quello dell’economia in cui opera e la remunerazione del capitale proprio superiore o uguale a costo del capitale.
Il Venture Capital Method
Si tratta di un metodo di valutazione ampiamente applicato da parte dei fondi di venture capital, che si basa sulle seguenti fasi:
Fase 1: Viene effettuata la stima dei risultati economici in uno specifico anno futuro, non troppo lontano nel tempo (da due a cinque anni è il range tipico).
Nella maggior parte dei casi, l’anno di riferimento corrisponde con il momento in cui il venture capitalist prevede di vendere l’azienda o di quotarla sul mercato.
Fase 2: Viene determinato il valore al termine del periodo di previsione applicando il metodo dei multipli.
Tipicamente, il multiplo si basa su altre aziende del settore che sono state vendute o sono andate in borsa di recente.
Fase 3: Il valore stimato alla fine del periodo di previsione viene attualizzato utilizzando il tasso obiettivo di rendimento dell’investitore, generalmente molto alto per tener conto del rischio percepito nel business e della probabilità di default dell’impresa..
Tipicamente si utilizzano i seguenti tassi:
Start up | 50-70% |
First stage | 40-60% |
Second Stage | 35-50% |
Bridge-Ipo | 25-35% |
Fase 4: I Venture capitalist in cambio del capitale apportato ricevono azioni o quote della società.
La percentuale di partecipazione al capitale (e quindi il peso nella società) viene determinato sulla base del seguente rapporto:
La valutazione post money è data dalla somma del capitale apportato + il valore stimato nella fase 3.
Il Berkus Method
Un altro metodo di valutazione molto utilizzato nella pratica è il c.d. Berkus Method che prende il nome dal suo ideatore.
La sua struttura è molto semplice: a seconda della grandezza del mercato di riferimento si attribuisce un valore a ognuna di queste 5 voci (di norma si attribuisce un valore che varia da 0 a 500.000 €):
- Qualità Manageriali del team (Rischio di esecuzione)
- Proposta di Valore (Rischio prodotto)
- Prototipo Funzionante (Rischio tecnologico)
- Relazioni strategiche (Rischio mercato e rischio competitivo)
- Prodotto già lanciato e/o venduto (Rischio finanziario o di produzione)
Pertanto, nel caso in cui la startup soddisfi a pieno tutte le voci, la valutazione massima possibile sarà di 2,5 milioni di €.